Giovedì 11 aprile, con l’ associazione Officina Civica nell’ ambito del Laboratorio di Cittadinanza, ho affrontato il tema “ambiente”; un tema molto complesso e spesso vittima di valutazioni parziali fatte di particolarismi. Il messaggio che ho voluto filtrasse è che, quando si discute di ambiente, è necessario mantenere una visione multitasking del tema.
Per fare questo siamo partiti molto semplicemente dalla definizione contenuta nel Vocabolario della Lingua Italiana dell’Enciclopedia Treccani; “ambiente” è definito come “luogo più o meno circoscritto in cui si svolge la vita dell’uomo, degli animali, delle piante, con i suoi aspetti di paesaggio, le sue risorse, i suoi equilibri, considerata sia in sé stessa sia nelle trasformazioni operate”. Quindi l’ Ambiente si configura come un complesso attivo di elementi che si muovono in un contesto comune, che si influenzano reciprocamente. Non è solo un insieme di fatti ma anche luogo di eventi.
Ci sono stati diversi momenti storici che hanno segnato il passaggio verso una consapevolezza maggiore riguardo il rapporto uomo/ambiente. Il primo è stato sicuramente la convenzione di Rio de Janeiro del 1992. Secondo la valutazione nel Programma delle Nazioni Unite (UNEP), fino al 24% delle specie appartenenti a gruppi come le farfalle, gli uccelli e i mammiferi sono sparite completamente dal territorio di diversi paesi dell' Europa. La convenzione ha avuto anche l’ importante ruolo di aver ufficializzato il celebre concetto di SVILUPPO SOSTENIBILE. Per perseguire gli obiettivi, nel 1997 è stata redatta dalla Comunità Europea l’ AGENDA 21; la cifra 21 si riferisce al XXI secolo, in quanto i temi prioritari di questo programma sono le emergenze climatico-ambientali e socio-economiche. Il passo successivo è stato la Convenzione Europea del Paesaggio, sottoscritta proprio in Italia, a Firenze, il 20 ottobre del 2000. Conseguenza diretta di questo importante atto è stato il Codice Urbani (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) che per la prima volta nella storia della legislazione italiana ha riconosciuto le componenti ambientali come beni vincolati da tutelare. Dal 2004 infatti tutti gli strumenti di pianificazione e progettazione debbono prendere atto del valore ecologico e percettivo degli elementi che compongono il paesaggio naturale. In questo senso, il Piano Paesaggistico Regionale della Lombardia (2010) definisce in modo unitario il quadro di riferimento e la disciplina di tutela; dallo studio di questo strumento, si evince come la frammentazione del territorio lombardo sia il fenomeno più preoccupante, da contrastare attraverso le RETI ECOLOGICHE, finalmente riconosciute a livello normativo e cartografico. Si avverte la forte necessità di creare una nuova forma di convivenza tra l’ambiente e la città: la costituzione di una “rete ecologica” si profila così come una possibile risposta. L’idea che sta alla base è quella propria della teoria secondo la quale un sistema di elementi presenta una valenza maggiore di quella propria dell’insieme non connesso. Si stima che dal 1900 al 1990, le aree naturali siano dimezzate a causa della pressione dell’attività agricola, forestale e dello sviluppo urbano. Il consumo di suolo e nuove infrastrutture per la mobilità hanno compromesso una buona parte del patrimonio ambientale regionale ma grazie alle nuove strumentazioni e legislazioni, sempre più spesso la progettazione architettonica e urbanistica si interroga sul ruolo ecologico del paesaggio, per sovrapporsi in modo congruo con esso. In Olanda, dove queste pratiche sono consolidate da una ventina d’ anni, stanno raccogliendo i primi risultati; si spera che anche in Italia, superate le difficoltà legislative, si attuino politiche che possano costruire una programmazione seria su cui costruire il futuro del territorio.
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