Le Nazioni Unite nel 1992 hanno istituito la Giornata Mondiale dell’Acqua: 24 ore durante le quali gli stati membri promuovono attività concrete a difesa dell’acqua, e che le istituzioni nazionali e internazionali e le organizzazioni non governative dedicano alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica su uno dei temi più critici della nostra era.“Il mondo ha sete perché ha fame”, è lo slogan che la FAO ha coniato per la Giornata Mondiale dell’Acqua 2013.
In Italia sono state diverse le iniziative lanciate per sensibilizzare a un consumo più oculato del nostro oro blu. Per esempio, Green Cross Italia, filiale dell’associazione ambientalista fondata da Mikhail Gorbaciov, ha lanciato la campagna “Salva la goccia”, con la quale ha diffuso un decalogo per il risparmio idrico e ha organizzato diversi eventi, sia in luoghi pubblici che sui social networks.
Questa giornata ha avuto il merito di portare alla ribalta un tema che da anni passa in sordina, forse volutamente. L’acqua è il sangue del nostro pianeta e i fiumi sono le vene. Essa, non solo scorre nel paesaggio portando biodiversità, ma scorre anche nelle nostre cucine, nei nostri bagni, nei nostri cibi.
Per ogni chilo di pasta secca prodotta nel nostro paese sono necessari, in media, 1.924 litri d’acqua. Poco minore è l’impronta idrica di una pizza, circa 1.216 litri d’acqua. In Italia c’è un consumo di acqua di 152 metri cubi annui pro capite, che riflette un consumo parziale, riferito solo all’acqua che utilizziamo per usi domestici. L’acqua che consumiamo in realtà è molta di più ma non riusciamo a percepirla perché è acqua che è coinvolta nei processi di produzione agricola e industriale.
Si parla sempre dell’acqua in bottiglia ma la verità è che se oggi parliamo di scarsità idrica, ci riferiamo alla scarsità d’acqua riguardo al cibo. Quindi dell’acqua che mangiamo. L’uso alimentare corrisponde a un 90%, che non è un numero di poco conto. L’agricoltura, in particolare, impiega una quantità di acqua enorme, e quanta più ne usa, tanto meno efficiente sembra essere il suo modello gestionale. Una soluzione tecnica che potrebbe essere utile è l’ etichetta idrica, un’ informazione ambientale che potrebbe incidere sulla capacità del consumatore di prendere decisioni consapevoli, influenzandone la scelta commerciale.
Da circa sette miliardi di oggi, passeremo velocemente a oltre nove miliardi di persone nel 2050 che, per i soli fabbisogni primari del bere e della nutrizione, eserciteranno una pressione sulle risorse naturali senza precedenti. Necessitiamo perciò di ripensare a un modello della gestione delle risorse idriche che sia più consapevole e responsabile; è necessario però che anche il cittadino sviluppi una sensibilità maggiore sul tema acqua, perché è parte fondante dell’ eredità che lasceremo alle generazioni che verranno.
per approfondimenti:
http://www.genitronsviluppo.com/category/ecologia/agricoltura-biodinamica/
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