(dal latino
pars, parte, e capere, prendere). Il prender parte, il concorrere e il
collaborare a un'impresa di comune interesse, lo stabilire una relazione con
altri su un tema specifico.
La partecipazione è una delle modalità
principali dell'agire politico. In negativo, si differenzia dalla delega e
dalla rappresentanza, la cui essenza sta nel lasciare agire in propria vece
qualcun altro, che è stato investito della nostra autorizzazione e la cui
volontà pertanto deve valere come se fosse la nostra. E si differenzia anche
dall'acclamazione plebiscitaria e dalla protesta populistica, in cui in realtà
più che 'agirè si è 'agiti', ovvero ci si pone al seguito della volontà di
un Capo o ci si abbandona all'impulso della massa.
La partecipazione è, in positivo, un agire
personale e responsabile, che consiste nella volontà di determinare insieme ad
altri l'indirizzo della vita associata; a questo fine si possono esercitare i
diritti politici e, dove sono previsti, particolarmente gli istituti della
democrazia diretta, ma si può anche militare in formazioni partitiche o
sindacali, oppure ancora aderire a movimenti della società
civile.
In una democrazia moderna 'partecipazione'
indica l'esistenza di una società civile ricca e pluralistica, mobile e
informata, che ha a che fare con partiti e comitati, con associazioni, appelli
e manifestazioni, e anche con la promozione e l'adesione massiccia a
referendum, per intervenire là dove si suppone che il parlamento non abbia
legiferato in sintonia con la volontà del popolo. La partecipazione realizza
quindi l'incrocio fra le logiche della rappresentanza e della sovranità
istituzionalizzata, e quelle del repubblicanesimo (di origine romana, ripreso
da Machiavelli) che vedono l'essenza della democrazia nell'esercizio
attivo, e non delegato, delle virtù civili e nella passione per la
politica.