ITALIA | 2443 | |
SPAGNA | 1329 | |
FRANCIA | 111 | |
GRECIA | 87 | |
PORTOGALLO | 76 | |
GERMANIA | 53 | |
SVEZIA | 43 | |
DANIMARCA | 30 | |
……………………. | ……………. | |
NORVEGIA | 7 |
La classifica di cui sopra, non è la classifica degli Stati Europei più indebitati, anche se potrebbe sembrarlo, ma piuttosto la classifica degli Stati che hanno più Comuni aderenti al Patto dei Sindaci. Il Patto dei Sindaci è un protocollo volontario a livello europeo, che vincola i Comuni che vi aderiscono a diminuire le proprie emissioni di CO2 del 20 % entro il 2020, attraverso l’adozione di un piano di riduzione, condiviso con la commissione europea.
La classifica è sicuramente forzata dal grande frazionamento del territorio amministrativo italiano, tanti Comuni con piccole porzioni di territorio. Questo però non giustifica una così grossa forchetta tra l’Italia e gli altri Stati Membri che hanno sempre dimostrato una particolare attenzione alle politiche ambientali, vedi Germania e la Scandinavia (Danimarca, Svezia e Norvegia). L’Italia ha si intrapreso un percorso di riduzione delle emissioni, ma non ancora così virtuoso da potersi considerare la locomotiva della sostenibilità europea. Infatti ha raggiunto e superato l’obbiettivo del Protocollo di Kyoto, il 7% anziche il 6,5% di riduzione delle emissioni al 2012. Questo dato nasconde però che buona parte dell’obbiettivo è stato raggiunto grazie all’attuale crisi industriale (Il settore tessile e quello delle calzature hanno avuto un calo del 30,7 e del 39,3% dal 2008 ad oggi per esempio), non tanto grazie a politiche virtuose.
L’idea che mi sono fatto è che l’adesione in massa al Patto dei Sindaci di così tanti Comuni italiani, che è certamente un’ottima notizia, derivi da due motivi che nascondono un profondo disagio: il primo è dovuto all’assenza di risorse interne che spingono gli amministratori locali a cercare finanziamenti a livello Europeo. Questo tema è spesso fonte di fraintendimenti negli amministratori che pensano o meglio gli viene fatto pensare, a canali di finanziamento preferenziali per i firmatari del Patto dei Sindaci. Quando questo non corrisponde alla realtà, infatti non c’è alcuna linea di finanziamento europea sul tema dell’energia che sia esclusiva per i firmatari del Patto. Il Secondo motivo è dettato, secondo me, dall’assenza di una pianificazione energetica chiara a livello sovra locale (nazionale, regionale e provinciale), l’assenza di questa visione, innesca la volontà ed il bisogno di una pianificazione energetica dal basso che compensi l’assenza di uno stato centrale forte che dia una visione strategica di lungo periodo.
Sono interpretazioni, che prendono corpo se analiziamo il caso della Spagna , anch’essa ha un’altissimo numero di Comuni che aderiscono al Patto, molti di più degli Stati virtuosi e non sarà un caso visto che condivide con l’Italia le stesse problematiche economiche e politiche. Detto ciò l’esperienza dei PAES rimane comunque un’opportunità per i Comuni italiani che oltre a confrontarsi con le tematiche ambientali ed energetiche a livello di pianificazione, le devono divulgare ai propri cittadini e non ultimo sono costretti ad un confronto con realtà extra nazionali.
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