Se osserviamo il prezzo del petrolio negli ultimi tempi,
notiamo come sia rimasto stabile per quasi un anno e poi nel mese di settembre
abbia subito un brusco calo . Il tutto sembra contrastare con le teorie del
picco del petrolio, diminuzione dell’offerta e costante aumento della domanda
(vedi paesi emergenti come la Cina, India…). Le cause di questo calo sono
molteplici, ma molti analisti propendono che uno dei principali motivi del
fatto che il prezzo del petrolio negli ultimi anni sia calato invece che
salire, derivi dallo sfruttamento delle sabbie bituminose e dello shale oil.
Per farla breve sono tutti i nomi che indicano petrolio difficilmente
estraibile o almeno così era fino a qualche anno fa. La presenza nel sottosuolo
di queste risorse non era un segreto, semplicemente non era conveniente
estrarlo. Durante la crisi economica del 2008 il prezzo del barile di petrolio
subì un impennata portandolo costantemente sopra la soglia psicologica dei 100
dollari barile. Alcune società petrolifere americane hanno colto l’occasione
dei prezzi alti, investendo in ricerca e sviluppo per cercare di estrarre il
petrolio non convenzionale. In sostanza gli anni della crisi hanno fatto si che
si affinassero le tecnologie per l’estrazione del petrolio non convenzionale,
fino ad arrivare ad una tecnologia matura, permettendo di avere petrolio
estratto da sabbie bituminose competitivo con il petrolio convenzionale. Questo
ha introdotto nel mercato una notevole quantità di petrolio e paesi come Canada
e Stati Uniti sono i veri beneficiari di questa rivoluzione energetica. Il
Canada è passato dalla dodicesima alla terza posizione nella classifica dei
paesi più ricchi di greggio dietro a Venezuela e Arabia Saudita. Ma i veri
protagonisti sono gli Stati Uniti, infatti sotto terra hanno molto shale oil,
di maggiore qualità rispetto alle sabbie bituminose canadesi. L’Agenzia
Internazionale per l’Energia afferma che gli Stati Uniti, entro l’anno prossimo,
diventeranno i primi produttori mondiali di greggio, avvicinandosi in pochi
anni all’indipendenza energetica.
Una vera rivoluzione energetica, ma soprattutto
geopolitica se pensiamo che gli Stati Uniti sono sempre stati dipendenti dal
petrolio mediorientale con tutte le problematiche politiche legate al tentativo
di controllare ed influenzare l’area mediorientale, solo in parte permeabile
all’influenza americana.
Insomma si aprirà una grossa partita che porterà a nuovi
equilibri tra grossi consumatori e grossi produttori di greggio, una cosa è
sicura lo sfruttamento delle sabbie bituminose e dello shale oil apre una nuova
era, all’insegna di prezzi bassi del petrolio ed alla ridefinizione di nuova
geografica politica mondiale, sperando che questo però non comprometta la sfida
ai cambiamenti climatici in atto.
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