Non ho mai scritto due post consecutivi sullo stesso
argomento, ma gli avvenimenti delle ultime settimane mi hanno fatto prendere
questa scelta non usuale. Nel post Petrolio 2.0 introducevo l’argomento dello
shale oil e di come questa produzione stia rimodulando i prezzi del barile e
gli scenari geopolitici. Ecco negli ultimi giorni ci sono state delle
evoluzioni soprattutto nel prezzo del petrolio, è nuovamente sceso, toccando i
minimi dal 2010, perdendo il 10% del valore in pochi giorni. Il tutto causato dalla
sovraproduzione dello shale oil prodotto da USA e Canada, ma soprattutto dalle
nuove strategie dell’OPEC. Quest’ultimo è il cartello dei produttori di
petrolio arabo, che si è riunito a Vienna con l’obbiettivo di tracciare la
strategia del cartello da qua ad i prossimi mesi. Risultato l’OPEC ha lasciato
invariata sia la produzione di greggio che i prezzi, causando il crollo dei prezzi sopra
citato.
Le letture degli analisti sono molteplici, ma tutte
convergono in una lotta geopolitica con Russia e America. Mi spiego il petrolio
arabo ha costi di estrazione molto bassi, intorno ai 12 dollari/barile, mentre quello
Russo e soprattutto quello americano no. Gli USA e il Canada hanno una grossa
disponibilità di giacimenti di shale oil, ma con costi di estrazione elevati. Estrarre
petrolio dalle rocce, piuttosto che da pozzi in mezzo al deserto, anche per noi
che siamo profani di pompe e trivelle risulta chiaro che sia molto più costoso,
si parla di costi di estrazione che vanno dai 70 ai 100 dollari/barile. Questo
permette all’OPEC, avendo ancora un grosso potere estrattivo (il vecchio
cartello dei paesi arabi garantisce il 40% del greggio prodotto nel mondo) di
poter controllare i prezzi, tenendoli bassi e quindi non rendendo competitivo
il petrolio americano e quello russo. Renderlo competitivo è il minore dei
problemi, infatti questo significa che molte aziende petrolifere americane che
hanno investito ed hanno richiesto finanziamento agli istituti di credito, non
riescono a remunerarsi degli investimenti fatti con il rischio che scoppi una
bolla, paragonabile a quella immobiliare del 2008. Per la Russia invece la
discesa dei prezzi significa recessione economica, infatti l’industria
petrolifera vale più del 50% del PIL, quindi un crollo dei prezzi in questo
settore economico significano automaticamente importanti ripercussioni per
l’intera economia russa. Il disegno dell’OPEC sembra chiaro, diminuire i propri
introiti nell’immediato, ma garantendo nel futuro prossimo un controllo sul
petrolio, mettendo in difficoltà la diretta concorrenza che sembrava in grande
espansione.
Insomma a festeggiare per il momento sembrano essere le
industrie altamente energivore che potranno strappare prezzi energetici più
favorevoli, come le compagnie aeree, infatti negli ultimi giorni hanno subito
dei forzi rialzi in borsa . Il rischio come si diceva nel post petrolio 2.0 è
che questo non stimoli i governi a prendere delle posizioni decise sulle fonti
alternative al petrolio, con le conseguenze sul riscaldamento climatico.
Altro tema, forse più di piccolo cabotaggio, è la pompa di
benzina. Il consumatore finale subisce immediatamente i rialzi del prezzo del
petrolio, ma i ribassi sono solo per le compagnie aeree???
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