In questi ultimi giorni (e non solo) si è fatto un gran parlare della questione IMU. L’ IMU è l’ Imposta Municipale Unica che accorpa l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari su beni non locati e l'imposta comunale sugli immobili (ICI). L'IMU è stata introdotta nell'ambito della legislazione attuativa del federalismo fiscale dal Governo Berlusconi con il d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 (artt. 7, 8 e 9), stabilendo la vigenza dal 2014 per gli immobili diversi dall'abitazione principale.Il Governo Monti, con decreto legge n. 201/2011 ha modificato la natura dell'imposta rendendola di fatto un' ICI sulle abitazioni principali.
Ma cosa è successo ancora in questi giorni con questo benedetto IMU? Proverò a fare chiarezza spiegando cosa è successo e cosa il decreto stabilisce (azioni e tempi).
Per cancellare questa imposta definitivamente occorrerà attendere il completamento di un' operazione in tre tappe:
1- azzeramento della rata di giugno per le abitazioni principali, per i terreni
agricoli e le case rurali per la quale sono già disponibili i 2,4
miliardi di risorse necessarie.
2- cancellazione anche del versamento
di dicembre (si dovrà individuare
altri 2,4 miliardi)
3- la terza fase prenderà il via il 1° gennaio 2014 con la definitiva eliminazione dell' Imu.
A questo punto dovrebbe subentrare la nuova “service tax” comunale, una tassa unica che si muoverà su un doppio binario (gestione dei rifiuti urbani e copertura dei servizi indivisibili) con un meccanismo ancora da definire. Unica certezza è che a manovrarla saranno esclusivamente i sindaci (per il famoso principio federalista "vedo, pago, voto"). Fatto è che questa epopea legislativa è stata avviata quando il governo Berlusconi decise di abolire l’ ICI sulla prima casa. Ai più è sembrata la manna dal cielo (finalmente qualcuno che toglie tasse invece di metterle!!!) ed effettivamente, dal punto di vista del singolo cittadino, il beneficio è stato evidente.
Peccato che invece a livello comunale si è rivelato un vero e proprio disastro; l’ ICI infatti era l’ unico gettito sicuro sul quale le Amministrazioni comunali potevano fare affidamento. La res pubblica non è un’ azienda che può contare su profitti e investitori; togliere l’ ICI ha significato dimezzare i soldi coi quali i comuni pagavano l’ elettricità pubblica, i servizi alla persona, il personale dipendente, il sostegno all’ associazionismo etc etc.
Allora è successo che per mantenere la qualità del servizio pubblico, le AC hanno ben pensato di svendere l’ unica risorsa disponibile: il territorio. Da quel momento si è aperta una corsa incessante a inserire aree edificabili nei Piani Urbanistici per poter introitare soldi dagli oneri. Purtroppo/per fortuna poi è subentrata la crisi del settore edilizio, la mazzata finale che ha messo in ginocchio i comuni.
Le amministrazioni più virtuose ne hanno approfittato per invertire la rotta e muoversi verso la razionalizzazione e ottimizzazione della spesa pubblica (dopo decenni di vacche grasse); e allora, se tutto il male non viene per nuocere, vuol dire che questi sono impulsi verso un territorio smart?
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